Alice Springs 19 febbraio 2006

Fortunatamente la sera del 17 sono andato a vedere il foglio della prenotazione del viaggio el deserto e mi sono accorto che sarei partito il 19 a mattina. Pensa che figura di merdaa che facevo se mi presentavo alle 5,30 ed avevo consegnato lo zaino nella resting room e riconsegnato la stanza. Vabè il 18 lo passo a pazzeggiare in giro per Alice. Non è malvagia come città, ha tantissimi locali ed un bellissimo ospedale. Qui vedo veramente tanti aborigeni. Devo dire che fino a Cairns ne avevo visti veramente pochi, qui sono quasi la maggioranza. Ok 19 mattina. Sento la sveglia del mio vicino di letto che suona, deduco che anche lui partirà con il mio tour. Ci si prepara e si va ad aspettare il pulmino all’ingresso dell’ostello. Arriva una via di mezzora un autobus ed un pulmino, che traina un carrello enorme, dentro ci sono circa una ventina di posti a sedere. Salgo e guardo un po chi è della partita. Facciamo un paio di tappe per pagare le ultime cose e per prendere i sacchi a pelo. Si parte. E’ ancora notte ma piano piano si incominciano a intravedere i primi raggi del sole. La guida ci dice che la prima fermata sarà tra 250 chilometri alla prima ed unica stazione di servizio tra Alice e King’s Cenyon la prima località che visiteremo. Si dorme un po anche se l’autista tiene la radio accesa su una stazione che trasmette musica country. La guida ha un microfono con il quale ogni tanto ci dice dove siamo, risponde alle domande dei passeggeri e fa le solite battute che io sistematicamente non capisco ma sento gli altri ridere. Si dormicchia un po, guardo il paesaggio e si arriva alla stazione di servizio. Il caldo si fa sentire e siamo solamente alle 8 di mattina. Mangiamo ed andiamo al bagno. Qui i prezzi delle cose sono spropositati, dire che se ne approfittano è dire poco, tutto costa il doppio di qualsiasi altro negozio. Rimpiango di non aver comprato le cose che mi servivano ad Alice. Si riparte. L’autista, visto che siamo tutti svegli chiede a tutti di andare in testa al pulmino e presentarsi in modo da socializzare. Ci sono due coreane, dei canadesi, svizzeri, una famiglia della Corsica, dei tedeschi, un francese ed io. Quando tocca a me sinceramente mi prende male, penso:” e mo che gle dico?”…incomincio presentandomi, dicendo la mia età e da dove vengo. La ragione del mio viaggio e che ho trovato pioggia in tutti i luoghi dove sono stato. Non finisco a dirlo che inizia a piovere….risata megagalattica. Mi sciolgo e inizio a parlare dell’Italia, che ho una famiglia in Italia….poi una in Francia….una in Germania e così via. Inizio a parlare di pasta, di come si cucinano i vari piatti, rispondo a delle persone che mi chiedono se nell’arrabbiata ci va la cipolla…ASSOLUTAMENTE……ONLY GALIC (spero che aglio si scriva così)….parlo di Pantani e incomincio ad intonare “O sole mio” e tutti dietro a cantare. Insomma faccio un piccolo teatrino di 25 minuti per la felicità di tutti. Alla fine prometto che se ce ne sarà l’occasione cucinerò pasta per tutti. Vado a sedermi tra l’ovazione di tutti e subito nel pulmino divento MICHELE per tutti…e sentire pronunciare MICHELE da delle coreane è una cosa straziante. Lungo la strada chiediamo all'autista di fermarsi perchè parecchi del gruppo devono andare al bagno. Ora sei nel deserto, ci sono si e no tre ramoscelli rinsecchiti come ti regoli?....semplice, ci dice la guida, i maschi a destra della strada e le femmine a sinistra. Risata generale! Arriviamo in un campo attrezzato per poter cucinare o fermarsi a mangiare. C’è una piscina fantastica. Chiedo se occorre una mano o se posso fare una nuotata….nessuno risponde…dopo 4 secondi ero a nuotare. L’acqua era caldissima si stava da dio. Metto i panni bagnati al sole, si asciugheranno dopo 7 minuti. Trovo il pranzo bello e pronto. Panini con un po di tutto, vabè mi va bene lo stesso anche se la fame è tanta. Aiuto a lavare i piatti visto che non ho cucinato e rimettiamo tutto nel carrellone che abbiamo come rimorchio, ora ho capito che serve come dispensa-bagagliaio. Si riparte. Arriviamo a King’s Canyon. Il caldo è soffocante, la guida ci dice che oggi è una giornata fresca. Guardo un termometro messo sotto un grande cappello, segna 41 gradi!!!! Ci dicono di bere poco e spesso, di riempire tutte le bottiglie che abbiamo. Prima di partire, non avendo trovato bustine di Sali ho comprato un paio di bottiglie di Gatorade e le ho allungate con tre litri di acqua ottenendo così 5 litri di bevanda con sali. Facciamo un piccolo percorso dove la giuda continua a ripetere di bere poco e spesso e che prima arrivare al pulmino dobbiamo avere ancora acqua a disposizione. Arriviamo alla base di una salita che ci porterà su un altopiano, sembra bella irta la salitella. Da qui partono i due sentieri, uno da 3,5 chilometri e l’altro da 6…quale scegliamo noi?...quello da sei naturalmente….ma si facciamoci del male. Prima di proseguire dobbiamo parlare delle mosche. Avevo letto gia prima di arrivare in Australia che qui tra moschitos e mosche era na cosa da non sopportare. I moschitos li avevo trovati di sera in quantità industriale sulla spiaggia di Magnetic Island ma con un buon repellente li tieni a bada. Le mosche le ho conosciute appena sceso dall’aereo ad Alice Spring. Non sono mosche normali, ti si infilano ovunque sulla faccia, in ogni buco che il buon Dio ha voluto che il viso di un essere umano abbia, per le mosche di qui rappresenta una caverna da esplorare. Stai continuamente a cercare di scansarle. In città ne sono poche. Come arrivi in questi posti, nel deserto, la cosa si complica. Prima di tutto ne sono moooooolte di più, sono attirate dal sudore e sono delle rompicoglioni indescrivibili. Mi ero accorto che in tutti i negozi di Alice vendevano delle retine da mettere come cappello per proteggere la faccia. Una sera nell’armadietto del free food ne ho trovata una e zakkete me la sono presa. Pensavo di essere un pirla a metterla ma vi dico la verità mi ha salvato, sono molto fastidiose e la retina ti da veramente il sollievo di non sentirti tutte quelle FLYS camminare sulla faccia. Si inizia la salita. Io che vado a funghi ed in montagna so che le salite le devi prendere con molta calma. Molti dei miei compagni di avventura partono sparati come se fossero stati ad una gara. Fatto sta che dopo circa 10 minuti incomincio a vedere i primi cadaveri lungo la strada. Salgo del mio passo ed aiuto alcune ragazze. Faccio foto al paesaggio che merita. Alla fine della salita la guida controlla le scorte di acqua che abbiamo: le due coreane si erano gia bevute tutto. Facciamo una colletta d’acqua e doniamo ognuno di noi un po delle nostre bevande alle due coreane. Il paesaggio è lunare, tutto composto da formazioni silicee che con l’ossidazione danno quel colore rosso. Fa molto caldo. La guida ci spiega in vari punti le particolarità del luogo. In un punto con vegetazione ci spiega che gli aborigeni avrebbero ricavato il loro sostentamento da ciò che ci circondava. Una pianta se rotta faceva uscire dell’acqua, in un albero secco avrebbero trovato delle larve di non ho capito quale insetto e via dicendo. Percorriamo canyon con passaggi ben attrezzati e curati, sempre allo scopo di permettere a tutti di visitare questi luoghi. A metà tragitto la guida chiede al tutto il gruppo se c’è chi non ha più forze per proseguire. Due ragazze non se la sentono e tornano da sole alla base. Proseguiamo. Veramente bello questo Canyon. Iniziamo a scendere verso il pulmino, le coreane sono rosse da far paura, sembra che debbano svenire da un momento all’altro. Si arriva al pulmino, ci si da una rinfrescata e si riparte. La guida ci chiede se vogliamo vedere il tramonto ad Uluru o se preferiamo andare direttamente al campo dove ceneremo. Ci dice che al tramonto vedi poco perché c’è una caciara incredibile, è meglio, secondo lui andare a mangiare e dormire presto per poi vedere l’alba. Ci fidiamo e quindi andiamo al campo. Si dormicchia lungo il tragitto, è quasi il tramonto ed all’improvviso appare LUI, il monolite. Subito mi da quella sensazione di qualche cosa di mistico. Così grande piazzato in quella pianura, con quella sua forma perfetta……fa riflettere. Il tramonto con i suoi colori conferisce a tutto il paesaggio un aspetto ….. che dire bisogna vederlo per capire. Ci fermiamo solo 10 minuti ad osservarlo ed a vedere il sole che tramonta sulla strada che in quel punto, come del resto per quasi 200 chilometri, è composta da un rettilineo e così pare che la strada stessa finisca nel sole….bellissimo. Arriviamo al campo. Si prepara la cena in pratica un piccolo Barbi. A tavola si chiacchiera e si parla del più e del meno e soprattutto della giornata che ci aspetta. Il campo che ci ospita è come quello dove abbiamo pranzato. Ci sono delle tende quadrate, tipo una piccola garritta, sollevate dal suolo di circa 40 centimetri e contengono 4 brande. Il tetto è appoggiato sulla tenda per permettere il ricircolo dell’aria all’interno. Cmq sia ci fa un caldo atroce. In 4 decidiamo di dormire all’aperto. Dei timori ci sono perché abbiamo visto dei scorpioni che se cucinati ci mangiavamo in 8. La guida ci rassicura dicendoci che se ci fossero stati pericoli non ci avrebbe permesso di farlo. Siamo 4 ragazzi a dormire fuori: Io, Thomas francese, Torben tedesco e Raphael svizzero. Thomas ha 24 anni viaggia da un anno tra Australia e Nuova Zelanda. Si è preso una pausa dagli studi, è un tipo piccolino ma simpatico. Torben ha 19 anni, è un armadio, grande, ha una padronanza dell’inglese incredibile. Credo che abbia una marea di soldi. Raphael è svizzero, muscoloso, non molto alto, taciturno. Ci beviamo delle birre offerte da Raphael. Mi chiedono come mai a 40 anni ho lasciato moglie e figlie per fare questo giro. Gli spiego un po il tutto e tutti e tre mi fanno i complimenti per il coraggio. Poi incomincia il bello, si inizia a parlare di calcio…..la discussione tra risate e battute degenera, vuoi l’alcol, vuoi l’euforia alziamo la voce e la guida, visto che erano le 2,30 ed alle 4,30 ci saremmo dovuti alzare, ci urla di smetterla e di dormire…..ok . Mi giro a dormire e vedo lo spettacolo più bello del mondo. Una luna piena incastonata nel cielo più stellato che abbia mai visto, giuro che a momenti piango. Ho trascorso una giornata indimenticabile. Ho ritrovato lo spirito che un po si era assopito in me, riesco ancora a socializzare con le persone superando l’ostacolo della lingua, ho ritrovato quel Michele caciarone di tanti anni fa ed ora trovo un cielo che mai avevo visto.

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