Ayers Rock 20 febbraio 2006

E’ la prima volta che ho il desiderio di uccidere una persona: l’autista. Ci sveglia alle 4,30 in punto, buio pesto, credo di aver dormito si e no 1 ora. Come diceva mio padre:” la sera leoni la mattina ciglioni”…sante parole, ho preso possesso di tutte le parti del mio corpo dopo circa 15 minuti. SARA’ UNA LUNGHISSIMA GIORNATA QUELLA CHE MI ASPETTA!!!!Colazione veloce: c’è un po di tutto, salato, dolce. Via a lavarci. I bagni del campo sono da descrive. La sera prima i bisogni li ho fatti per campi ed i denti li ho lavati sul posto quindi ancora non sapevo dove erano e come erano. Quando arrivo mi spavento gia da lontano. Vedo una fila mostruosa. La struttura è tipo un grande capannone, lungo circa una trentina di metri e largo un 7 o 8 metri. Sul perimetro interno destro e sinistro ci sono i lavandini al centro ci sono due file di box: a sinistra i bagni, a destra le docce. I bagni sono sia per donne che per uomini. Immaginatevi la scena. A fare la fila per le docce ci saranno state almeno 50 persone. Per i bagni sicuramente di più. Ad ogni lavandino c’erano due o tre persone che si lavavano contemporaneamente e soprattutto era bello vedere che chi rinunciava alla si spogliava quasi nudo per lavarsi al lavandino e quasi nudi intendo sia donne che uomini. Le cose che mi rimarranno per sempre saranno due: i profumi ed i rumori. I profumi che sentivi erano di dentifricio, sapone, bagnoschiuma e merda. I rumori…mbè riportate ai profumi i loro rumori e capirete che sinfonia c’era dentro a quel coso. Si rimette a posto la nostra roba e si parte. Ancora il sole non è sorto. Si vede una fila interminabile di macchine, autobus o altri mezzi che si mettono in cammino per raggiungere LUI. Arriviamo al casello del parco di Uluru. C’è una gentilissima e carina signora aborigena che ci augura la buona giornata e di passare delle ore meravigliose visitando il parco. Arriviamo che il sole incomincia a fare capolino. Mi colpisce il vento che c’è…sembra come se in quel luogo magico il vento voglia lavare tutte le anime delle persone che calpestano quella terra sacra. Tutti sono eccitati e camminano veloci per non perdersi il momento migliore della luce per immortalare il monolite. Non me ne po fregà de meno. Mi fermo a godermi il momento, mi sento come estraniato da tutto e da tutti. Mi spavento un po’ perché non sono sensazioni che fanno parte del mio bagaglio personale….do la colpa al sonno, ma ripensandoci sono stati momenti fantastici. Raggiungo la comitiva ed inizio a godermi il variare dei colori che acquista Uluru con il crescere della luce del giorno. Si passa da un marrone/rosso scuro ad un arancio/marrone fantastico. Facciamo tutto il giro del monolite, mi diranno poi che erano 6 chilometri…mi son sembrati 100 metri. Il monolite è perfetto in tutte le sue parti ma ogni tanto ha come delle ferite, qualche amico dice che sono le feritè dell’umanità…pensandoci bene è possibile, almeno fa riflettere. Tutto magico, tutto fantastico, anche tra il gruppo si istaura un feeling particolare, tutti che parlano con tutti, che scherzano, che fanno foto ricordo….tranne le coreane che abbiamo perso non si sa dove. Arriviamo alla base del monolite da dove parte il sentiero che sale sulla cima di Uluru. Gli aborigeni chiedono di non salire visto che la montagna per loro è sacra, agli italiani viene fatto il paragone che sarebbe la stessa cosa se uno salisse con i piedi sull’altare di San Pietro. Rispetto questa terra ed il suo popolo quindi decido, e con me tutto il gruppo di non salire. Mettendo da parte il rispetto e guardando bene il sentiero e soprattutto i soliti imbecilli di giapponesi che sono gli unici che lo percorrono, credo che sia molto complicato, non tanto salire ma scendere, infatti la guida ci dice che alcuni sono caduti e morti e ci mostra le lapidi. Sento parlare italiano alle mie spalle e caso vuole che incontro Debora la guida italiana che mi aveva organizzato il viaggio. La chiamo e rimane sorpresa come me dell’incontro. Mi chiede come sto e come va il viaggio. Gli dico che è tutto fantastico. Ci salutiamo poco dopo perché deve ripartire. La sentirò alcuni giorni dopo via mail. Siamo seduti su una panchina alla base del monolite, ci godiamo lo spettacolo un po forzatamente visto che le coreane si sono perse. Dopo 30 minuti arrivano….gli mandiamo degli accidenti in tutte le lingue del mondo. Prossima tappa il centro culturale aborigeno. Come struttura è pragmatica oserei dire ma poi all’interno trovi tutto il necessario che ti serve per capire la cultura aborigena: dal semplice disegno al tecnologico filmato. Per quel po che posso capire mi viene confermato l’attaccamento che questo popolo ha alla terra che ritiene una madre e dalla quale trae tutto ciò che occorre per vivere. Le donne hanno un ruolo fondamentale ed importantissimo nella società aborigena. Tutto bello, tutto molto colorato che però stride e molto con quello che ho visto a Cairns e soprattutto ad Alice Springs. L’autista/guida ci porta ad un look-out dove si vede perfettamente Uluru e ne approfittiamo per fare delle foto. Una ragazza tedesca, giovanissima e magrissima, accompagnata dal fidanzato, vuole a tutti i costi farsi una foto con me, era dal giro intorno al monolite che mi stava appiccicata e non capivo il perché. Gli altri incominciano a prendermi in giro dicendo che avrebbero mandato la foto a mia moglie.. Si riparte, la stanchezza inizia a farsi sentire. LA tappa successiva è Kata Tjuta o anche chiamata The Olgas. Qui le mosche tornano a farsi sentire ed anche il caldo non scherza. Olgas è una particolarissima conformazione rocciosa. Il terreno composto da detriti, spinto dalla pressione del movimento delle placche terrestri, scontrandosi con una conformazione di roccia ha creato una collina. AZZ ma veramente sono riuscito a capire dalla guida tutto questo…ma allora so l’inglese!?!?!?!? A me The Olgas sembra un grande mortadellone, infatti ha la stessa composizione, sapete quella a cubetti. Anche qui trovo il vento….incomincio a crederci veramente. Becco la motrice di uno di quei camion a tre rimorchi che trovi sulle strade dell’Outback e subito ne approfitto per farmi una foto. Torniamo al campo. Nel tragitto penso all’autista. Io sono distrutto e cmq un po mi sono riposato sul pulmino, questo invece si è alzato alle 4,30 ha fatto quello che abbiamo fatto noi, ha guidato, ha cercato le coreane che si erano perse, al ritorno deve guidare per altri 550 chilometri…per me sniffa coca!!!! Arriviamo al campo, si mangia velocemente e ci si divide in due gruppi: uno torna ad Alice gli altri vanno all’aeroporto. Ci salutiamo, partono i canadesi, le coreane(che culo liberarsene) e dei tedeschi. I 4 moschettieri restavano ancora uniti e si aggrega a noi una coppia di francesi.. Cambiamo anche l’autista. E’ uno spilungone silenzioso che non parla mai e che però…ama anche lui la country . Il viaggio di ritorno è pesante. Siamo tutti stanchi, si fa caciara per la prima ora ma poi uno alla volta ci addormentiamo. E’ scomodo dormire sul pulmino alla fine riesco solo a fare una piccola pennica. Lungo il tragitto veniamo a sapere che c’è una cena per tutti i gruppi che rientrano dai viaggi ad Uluru nel ristorante dell’ostello Malenka, quello frequentato da tutti ragazzi giovincelli e caciarosi. Arrivati ad Alice ci diamo appuntamento per le 20. Io e Raphael torniamo in ostello…..mi tuffo subito in piscina…rigenerante come al solito. Riusciamo anche a dormire 21 ora. Doccia, improfumatina e via, con la maglietta nuova comprata a Cairns, acciaccatissima, ci dirigiamo verso il Malenka. Gli altri del gruppo non sono arrivati così ne approfitto per navigare un po in internet. Arriva tutta la banda ed entriamo. C’è la possibilità di mangiare il canguro. Gia avevo assaggiato a Cairns lo squalo e il coccodrillo…e che me faccio scappà il canguro?...assolutamente. Prima di iniziare a mangiare Raphael offre una brocca di birra…decidiamo di offrire a girare…ok 10 dollari a brocca che è di 1,114 litri…non so che misura sia ma va bene così Arriva il canguro con patatine, prima di finirlo, ci scoliamo 4 brocche di birra in 4. Con noi mangiano una coppia di gallesi e la famiglia della corsica che forse per la stanchezza erano di un palloso incredibile. Finito di mangiare esplode la caciara. Parte la musica ed io parto a ballare sul tavolo. Ad un certo punto si ferma la musica e iniziano dei giochi. Torno a non capire assolutamente nulla di quello che dicono. Ci sono dei ragazzi di ancona ed un sardo che mi danno una mano. Chiamano Torben a fare una prova di abilità vince e deve chiamre un amico…chi chiama?...ma me naturalmente. Ora insieme a me ci sono altri ragazzi e capisco che devo suonare il didgeridoo. Azz e chi lo sa suonare? Avevo solo visto al centro culturale come si faceva, praticamente devi fare le pernacchiette all’interno di questo ramo cavo che gli aborigeni usano come strumento dalla notte dei tempi e che fa un suono stranissimo. Di questo strumento esistono delle pessime copie made in cina che sono molto economiche. Quelli con la garanzia di originalità variano dai 150 ai 400 dollari australiani . Vabè ci provo e riesco a suonarlo. La gara è ad eliminazione secondo l’acclamazione…arrivo in finale con una bella gnoccolona…perdo ma nun me ne frega. Si riprende a ballare, ogni fanciulla che era presente all’interno del ristorante e che ballava ha avuto fastidi dal sottoscritto. C’è stata una ragazza australiana che devo dire mi ha fatto sognare. Alla fine in 4 ci siamo scolati 12 brocche di birra. Icuramente non mi sono bevuto tre litri di birra ma un paio si. Io sono uno che nonbeve, amo le bevande di qualità. Amo la birra rossa della Ceres alla spina., ebbene una 0,40 di rossa Ceres mi piega le gambe, adesso mi sono bevuto 2 litri di birra e sono ancora sulle mie gambe?...anche se traballanti? Ballo e faccio caciara da morire, mi son divertito da matti . Tutti mi dicono che non è possibile che ho 40 anni. In un caso ho cacciato la patente per fargli vedere quando sono nato. Ancora una volta quello spirito assopito è riuscito e mi ha ridato tanta energia. Ricevo una specie di complimento da Tomas. Mi dice che a 40 spera di essere come me. MI ha dato del vecchio ma alla fine ho capito quello che voleva dirmi. Mi fa piacere questa cosa. Aggiunge, Tomas, che non devo cambiare, che devo godermi la vita come ho fatto in questi due giorni…..ci proverò. Sono le 4,30…sudatissimo e stanco voglio andare via, anche perché Tomas e Torben hanno beccato due belle figliole, io sinceramente ho incontrato tutte diciottenni…sono sposato e potevano essere mie figlie, nonostante le loro indiscutibili attenzioni ed intenzioni nei miei confronti, desisto e vado via con Raphael anche lui stanchissimo. Giro a petto nudo per la città, fa caldo, andiamo a fare spesa al solito supermercato aperto tutta la notte. Non mi faccio la doccia per quanto sono stanco. Crollo felicissimo.

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